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Pasquale Martino
su «La Gazzetta del Mezzogiorno», 20 gennaio 2018
"Potere Studentesco" a Bari e a Lecce
La rivolta nelle Università
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Manifestazione studentesca a Lecce, 1968 (Archivio storico de "l'Unità") |
A gennaio del 1968 la rivolta era già in corso nelle principali città universitarie d’Italia. Gli atenei pugliesi invece sembravano dormienti. C’era stato invero un antefatto, proprio un anno prima: a Bari il 29 gennaio 1967 gli studenti di Chimica avevano occupato il loro istituto; il rettore Pasquale Del Prete li aveva subito fatti sgomberare dalla polizia e aveva inoltre proclamato la serrata dell’Ateneo per alcuni giorni: atti inauditi, che sollevarono proteste perfino da parte del consiglio comunale e della FUCI, l’associazione degli universitari cattolici nella quale Del Prete aveva militato da giovane col suo amico Aldo Moro. Presero le distanze anche diversi docenti, tra cui il futuro rettore Aldo Cossu e il filologo Carlo Ferdinando Russo. Davanti all’Ateneo sbarrato molti studenti attuarono un sit-in subendo la carica della polizia. Bari insomma aveva inaugurato senza saperlo il prologo della ribellione universitaria, proseguito a febbraio del ‘67 con maggiore veemenza in altre città: Pisa, Torino, Venezia, Napoli, Trento. Una ouverture che fece maturare nel capoluogo pugliese “avanguardie” studentesche intenzionate a riprendere il discorso bruscamente interrotto. Un anno dopo, però, Bari latitava, mentre fu Lecce a scatenare la contestazione. L’Università del Salento – retta da una personalità di spicco, il democristiano Giuseppe Codacci Pisanelli, già membro della Costituente – venne occupata dagli studenti il 22 gennaio 1968: una occupazione “dura” che resisté parecchi giorni e fu sostenuta da una pronta mobilitazione delle scuole medie superiori, riuscendo a collegarsi con le altre realtà nazionali, tanto da essere raccontata da «l’Unità» e da «Quindici», il periodico del Gruppo ’63 che fece quasi da portavoce del movimento sessantottesco. Su ciò sta per uscire un libro dello storico salentino Silverio Tomeo.
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Assemblea del 2 marzo 1968, aula prima di Lettere (foto Ficarelli, "La Gazzetta del Mezzogiorno") |
Bari dové aspettare fino al 2 marzo, quando – dopo un intenso lavoro preparatorio che comprendeva una rudimentale inchiesta con questionario fatto girare fra gli studenti – venne finalmente convocata una assemblea generale nella facoltà di Lettere e Filosofia. Proprio il giorno precedente si era svolta a Roma la battaglia di Valle Giulia fra polizia e studenti, uno degli episodi cruciali del ’68 italiano. Cosicché la notte fra il 1° e il 2 marzo un gruppo avventuroso di universitari baresi – poi ammantato di una sorta di leggenda che lo soprannominò «sporca dozzina» – tentò di occupare l’Ateneo senza però riuscirci, a causa della vigilanza del rettorato. L’assemblea dell’indomani fu comunque un evento straordinario, debitamente riferito dalla «Gazzetta del Mezzogiorno», che parlò di «una affollatissima assemblea nell’aula prima della facoltà di Lettere», con «oltre mille studenti di varie facoltà che hanno gremito l’anfiteatro e i corridoi adiacenti». Il quotidiano pubblicò anche una fotografia che mostrava, pendente sulla presidenza dell’aula strapiena, la scritta Potere Studentesco: e con questo slogan, finalmente, fu ’68 anche a Bari. Prima vennero i «controcorsi», la didattica alternativa, le assemblee permanenti, il braccio di ferro con i docenti; quindi arrivarono anche le occupazioni, a Lingue (facoltà numerosissima, stretta allora in angusto condominio con Economia e Commercio), poi a Lettere, a Giurisprudenza, in tutto l’Ateneo; il movimento cresceva nelle sedi universitarie (la «Gazzetta» registra 42 assemblee nei mesi di marzo e aprile) con interessanti sviluppi a Fisica e al Campus, mentre nelle scuole si muoveva solo l’agguerrito liceo Orazio Flacco. Ma il turno degli istituti scolastici verrà nell’autunno dello stesso anno, quando scioperi e manifestazioni scuoteranno tutte le scuole medie superiori – dal Giulio Cesare al Vivante, dal Bianchi Dottula al Marconi allo Scacchi e così via – in lotta per ottenere l’elementare e negato diritto di assemblea, e favoriranno l’incontro con i cortei dei lavoratori che si battono contro le gabbie salariali. Ne parleremo un’altra volta.
Torniamo alle università. Bari era allora il terzo polo universitario italiano dopo Roma e Napoli; aveva una popolazione studentesca in gran parte pendolare e fuori sede, proveniente dalle province di Bari, Foggia, Taranto, dalla Basilicata e dalla Calabria. L’Ateneo leccese, di nascita recente, contava su un minore numero di facoltà e di iscritti, appartenenti alle tre province salentine. L’incontro e la concentrazione di ragazzi e ragazze di tanti territori lontani e di comuni disseminati costituì un grande fattore di organizzazione e di presa di coscienza generale. I due atenei diventarono il “cervello collettivo” di una giovane generazione pugliese e lucana che si proiettava verso orizzonti più vasti: non a caso i leader del movimento universitario a Bari e a Lecce – primi inter pares nei comitati che dirigevano le lotte – furono rispettivamente Piero Di Siena di Rionero in Vulture in provincia di Potenza (futuro segretario regionale del PCI di Basilicata e senatore) e Pietro Mita di Ceglie Messapica in provincia di Brindisi (diventerà deputato e sindaco della sua città).
La ribellione coinvolse migliaia di ragazzi delle nostre regioni, a cerchi concentrici e con diversi gradi di intensità; vi si mescolavano cause materiali e motivi ideali. Da un lato una condizione di studente-massa privo di strumenti, di servizi, di “potere”, dentro una struttura universitaria opprimente che riproduceva le diseguaglianze sociali; di qui la disubbidienza all’autoritarismo accademico, la rivendicazione di democrazia e gratuità degli studi. Dall’altro la consapevolezza che la propria lotta era legata da molteplici fili ad altri processi di liberazione, riguardanti le classi lavoratrici meridionali (nel ’67 la Puglia era stata attraversata da una potente protesta bracciantile) nonché popoli e movimenti di ogni continente. Era l’educazione di una gioventù di origini borghesi ma anche operaie e contadine, animata da profonde istanze egualitarie; nell’immediato, essa avrebbe ottenuto qualche respiro e qualche spazio di libertà; attraverso le prove difficili negli anni futuri, avrebbe dato una spinta a ridisegnare – almeno per un po’ – un’Italia migliore.
Pasquale Martino
«La Gazzetta del Mezzogiorno», 20 gennaio 2018
Movimento, riviste, editoria
A scrivere delle lotte universitarie di Bari è per prima la grande rivista di cultura «Belfagor», che pubblica nel marzo 1967 un vivace intervento del direttore Carlo Ferdinando Russo, con lo sguardo rivolto anche a Pisa e Torino. La “lavorazione” della rivista è divisa a metà fra Marina di Pietrasanta sede della redazione e Bari dove C. F. Russo insegna Letteratura greca e Filologia classica. Su quello stesso numero si legge uno dei primissimi scritti di Luciano Canfora. L’occupazione di Lecce trova spazio invece su «Quindici», rivista d’avanguardia e “di movimento” fondata dal Gruppo 63, che nel n. 8 di febbraio-marzo 1968 ospita una riflessione di Pietro Mita. Nel comitato di agitazione a Lecce si distingue il giovane Piero Manni, che fonderà una battagliera casa editrice. A proposito, anche gli editori si stanno adoperando in gara per realizzare al più presto libri che rispecchino il ’68 ormai al suo apice. Ad aprile l’editrice barese Laterza stampa il volume Documenti della rivolta universitaria, «a cura del Movimento studentesco» riconosciuto come soggetto politico-culturale; vi sono riprodotti i materiali delle occupazioni di varie città (fra cui Trento, Torino, Milano) ma non di Bari; Mario Santostasi che è in redazione vorrebbe inserire anche questa, ma non c’è tempo: nello stesso mese pure Marsilio, a Padova, esce con una silloge di documenti delle principali città (Università: l’ipotesi rivoluzionaria). A marzo-aprile appare il numero monografico 28-29 di «Problemi del Socialismo» intitolato La rivolta studentesca in Italia, Stati Uniti, Germania federale. Il periodico diretto da Lelio Basso – figura carismatica dell’antifascismo ed esponente di primo piano del PSIUP – comprende un articolo di Giuseppe Trulli, barese, segretario nazionale della federazione giovanile del PSIUP e futuro segretario regionale della CGIL in Puglia. A Bari il partito della estrema sinistra socialista, guidato dal segretario provinciale Giacomo Princigalli, è uno spazio accogliente in cui le idee del movimento studentesco internazionale si confrontano con le suggestioni del marxismo eretico e del terzomondismo. Altri editori baresi non restano fermi. De Donato pubblica a giugno L’anno degli studenti di Rossana Rossanda, quasi un primo bilancio del ’68: va a ruba ed è ristampato a novembre. La Rossanda è impegnata inoltre con l’editore Raimondo Coga, che per la Dedalo incomincerà a stampare a Bari nel gennaio ’69 «il Manifesto» mensile, le cui tesi politiche costeranno al gruppo redazionale una rapida estromissione dal PCI. Ma già nel ’68 Dedalo fa uscire l’edizione italiana della «Monthly Review», tribuna prestigiosa della nuova sinistra americana, e include nel numero 10 di ottobre una sintesi – curata dalla redazione italiana – sul convegno nazionale del movimento studentesco tenutosi un mese prima a Venezia, a cui hanno partecipato delegazioni da Bari e Lecce.
Pasquale Martino