2005

La scommessa del femminismo·

comunità filosofica femminile

PER AMORE DEL MONDO NUMERO 3 - 2004


La scommessa del femminismo·

DI LUISA MURARO

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 Che ci sia libertà per le donne, è la questione del femminismo, non altro. Tutto il resto che associamo a “femminismo” o c’entra con la libertà o dobbiamo dargli un altro nome. Che ci sia libertà per le donne, a rigore dovrebbe essere una questione principale dell’umanità intera, e non soltanto del femminismo. Anzi, il femminismo neanche dovrebbe esistere, ma solo l’umanità, se non fosse che l’umanità si è considerata libera anche in assenza di libertà femminile, come nell’antica Atene o nella Francia rivoluzionaria. Paradosso estremo, a pensarci bene. Eppure perfino banale, basta ricordare le quante guerre e lotte di liberazione che si sono combattute e vinte, anche con il contributo femminile, senza che ciò abbia significato libertà per le donne. L’Algeria insegna.

Possiamo dire che ormai questo paradosso appartiene al passato? Molti, in quella parte del mondo che si chiama Occidente, sono pronti a rispondere che sì. Seguendo il criterio da me proposto, dovremmo concludere che il femminismo è arrivato felicemente in porto, avendo perduto la sua ragione d’essere. C’è del giusto in questa veduta. Penso, per fare solo un esempio, alla maniera in cui, oggi, le giovani donne abitano i luoghi dell’istruzione superiore, con agio, signoria e profitto, oltre che sempre più numerose. E misuro il grande cambiamento in termini di libertà femminile ripensando non soltanto alla lotta per l’istruzione femminile condotta da Virginia Woolf (A Room of One’s Own, 1929, Three Guineas, 1938) ma alla mia stessa esperienza di studentessa universitaria, quarant’anni fa, in un mondo dominato dalla presenza maschile.

Tuttavia, sentiamo che si tratta di una risposta prematura. La mia personale esitazione a pensare che il femminismo abbia felicemente concluso la sua parabola, non deriva dal perdurare di esclusioni e discriminazioni anche nel nostro tipo di società. Si esagera molto con questo fenomeno. O, meglio, si sbaglia ad interpretarlo. Si arriva infatti a includervi anche delle libere scelte femminili (es., la preferenza per gli studi umanistici, o la scelta del tempo parziale nel lavoro) al punto da far nascere il sospetto che il criterio seguito sia non la libertà ma la parità delle donne con gli uomini. Ciò che mi fa esitare, è proprio questo, ossia la constatazione che la libertà per le donne è legata all’uguaglianza con gli uomini e che questo legame costituisce un limite per la libertà stessa, la rende meno libera, per così dire. 

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